Un piccolo fiore sul mio petto.


Mi metto in tasca un piccolo fiore,
mi metto in tasca un piccolo fiore.
Ti legassero stretta alla quercia più vecchia,
se davvero non vuoi il mio cuore. 
Francesco De Gregori


Ho raccontato tantissimo tempissimo fa, mentre aspettavo la secondogenita, delle mie difficoltà nello scegliere i nomi.
Poi però non ho mai detto perché ho scelto il nome Dalia.
Lo volevo musicale, non troppo lungo, semplice ma non banale e, vista la mia #etimoloporn (avevo scritto etilo- che lapsus!), dal significato non troppo strampalato. Che Filippo è un gran bel nome ma io non sono grande amante dei cavalli, e che a forza di andar con la Mencaroni, ho cominciato a zoppicare pure io.
Volevo tantissimo dare un nome di fiore.

Il mio preferito è sempre stato Viola, è un nome multisensoriale: è un colore (il mio preferito per giunta), un fiore (quindi un profumo), uno strumento musicale.
Breve, semplice, non banale.

Non era nemmeno diffuso nel 2007, quando ho scelto quello come nome per la mia prima figlia.
Ora Viola è una stellina o un angioletto, se siete persone romantiche.
Oppure è un agglomerato di cellule smaltite da qualche parte in un modo che non ho voluto sapere, se siete cinici.
Oppure è il nome della ferita che mi porto dentro, una piaga dolceamara, una cicatrice che fa sempre male, la terza figlia che non posso abbracciare, non posso cullare, non posso.

La seconda è un pesciolino, un dono del mare, etimologia di Alice, se lo si considera derivato dal greco (e vi pare che io non lo consideri derivato dal greco?).

Con la terza è tornata la voglia di fiori. E poi mi girava in testa la canzone di De Gregori, mi metto in tasca un piccolo fiooore.

Ma quale fiore? Margherita, Giacinta, Gelsomina, Altea, Iris, Rosa, Edera, Erica... Petunia?

A un certo punto mi è venuto in mente Dalia.
Il suono mi piaceva molto. Comincia con una dentale. Si fa notare, ma poi scivola via, con quella elle liquida fra tre vocali.
D A L I A.
Che bel suono.
La dalia è un fiore bellissimo, semplice ma non diffusissimo.
Mi sono cercata l'etimologia.


Non me ne frega un granché di mister Dahl, ma la coincidenza del nome con il significato lituano mi piaceva molto.

THALIA (particolare), Jean-Marc Nattier, 1739
Sono poi andata a cercarmi un sostantivo greco che assomigliasse a Dalia.
Perché?
Così, perché sono scema.

Mi è venuta in mente la parola "talea" derivante dal greco thalia/thalea dal significato di "fioritura".

Poi mi sono ricordata che c'è anche una musa, dal nome assonante di Talia o Thalia (la trascrizione dal greco dovrebbe essere Thaleia), la musa della Commedia e della Satira.
Ma bello!
Per un attimo ho pensato anche di chiamarla così, col th. Solo un attimo, è stato solo un attimo, per fortuna non l'ho fatto.

Infatti volevo un nome semplice, invece non lo capisce nessuno, sarà perché è poco diffuso, ma lo storpiano in mille modi.
Daria? Dania? Italia? Taglia (ma dico io, perché mai dovrei chiamarla Taglia)?
Non era quello che avevo in mente quando l'ho scelto, ma va bene lo stesso.

Ora che ho il mio piccolo fiore al petto posso dirmi soddisfatta della scelta.
Perché forse davvero "nomen omen", la mia Dalia è un fiore delicato, dalla pelle rosea e chiara e gli occhi celesti, i capelli lievi e arruffati come piume di pulcino.
Soffre il freddo ed è molto assetata, non richiede particolari cure, sta volentieri a mollo nel concime organico (ma quanta ne fa????).

Spesso mi sono chiesta perché mi è venuto in mente proprio questo nome.
Mi sono risposta a lungo che non siamo noi che scegliamo i nomi, bensì sono i bimbi che ci sussurrano in qualche modo il nome che vogliono portare.

Poi sono tornata a fare la doccia al piano di sopra, per la prima volta dopo che ho partorito, e ho visto una cosa.
Questa cosa, insieme alla prova provata di esistenza in vita di gente che si chiama Ottorino, Antavleva (Non ti volevo), Geval (Diavolo) e Geiar (forse J.R?), mi ha fatto leggermente dubitare di questa teoria.

”

Alla faccia del subliminale!
Volete influenzare il mio voto?
Scrivetemelo sul falcone del bagnoschiuma, sulla confezione della carta igienica, sulla scatola dei foglietti acchiapacolore.

E tu, Dalia, ringrazia che non ti ho chiamato Frangipane.


Questo post partecipa al blog tank di Donna Moderna Il primo dono che fai a tuo figlio è il nome
E siccome che sono una capra, pur copiando e incollando l'html come da istruzioni, non sono riuscita a mettere il badge corretto. Quindi ho copincollato la patacchina. Va bene uguale no?

Aggiornamento: ecco la pagina con tutte le partecipanti.

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