Di alberi e di denti, di cose che vanno e cose che vengono.


Dico addio a un altro dente. Gli facciamo il funerale anche se è già morto. Mia nonna diceva ogni figlio un dente. Infatti sono due. Tre con Viola e il dente del giudizio, che infatti è lì che sono cresciuta, col dolore di estirpare cose a forza dal mio corpo. E vabbè. Ciao.

Dico addio all'albero dei vicini, l'hanno tagliato. E ora mi accorgo come mi manca, come mi adornava l'orizzonte, come mi filtrava in filigrana il tramonto. Era un po' la mia siepe leopardiana, che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude, troppo spazio aperto ora, Anche a te ciao, mi mancherai.



Faccio la dieta, con la leggerezza che si dovrebbe avere. Mangio cose buone e sane, cucinate con amore, non a me, che per me non ne metto mai via abbastanza di amore, ma da lui, che è ancora a casa in paternità e ci vizia con coccole, dispensate dalle sue mani grandicon generosità e in egual misura fra le tre donne.

Segno tutto quello che mangio e lo registro sull'ultima diavoleria elettronica che mi sono regalata, che mi segue anche nelle mie notti stanche. Scopro così che dormo tante ore, ma solo di sonno leggero. Ho le vibrisse in tensione, un occhio aperto e un piede giù dal letto.

Eppure sono serena. Direi anche felice. Perché poi eppure? Cos'è mai un dente e un albero e il sonno disturbato in confronto al sorriso che si sveglia prima di me la mattina?

Arriva prima il sorriso e poi io, come il gatto di Alice.
Mi arrotolo sorniona intorno alle gambe delle mostricciattole. Cicciotte e corte le une, lunghe magre e nervosette le altre. Avvolgo le portatrici sane di gambe e faccio le fusa. Le lecco, le annuso, le amo.

Intanto vivo, studio, lavoro. Aspetto piccole risposte, attendo nuovi compiti che si prospettano allettanti, vedo la luce in fondo al tunnel di un lavoro che è stato la mia quotidianità per tanti mesi. Vedo parole prendere vita, tradursi in filmati, in applicazioni, in cartine animate. E sono soddisfatta. Cerco di dare una casa nuova a questo blog, ma mi perdo e niente mi pare vada bene, poi ricomincio con entusiasmo e so che gira e paciuga presto o tardi ce la faccio, sai?
Riprogetto la stanza delle bimbe, che cresca e le accolga e le coccoli e giochi con loro. Un letto nuovo. Sposto tutti i mobili. Ruotiamo la stanza tutta di 45°.

Mi si aprono nuove opportunità, nuove prospettive. Cose belle che mi piacerebbe fare. Per quelle alchimie che ti portano a conoscere una persona affine a te in una stanza piena piena piena di gente. Che poi ti porta a conoscere cose che si fanno in altre città. Che poi ti portano ad aprire finestre che... ecco.
Io adesso mi siedo qui, mi faccio un té e penso.
Sorrido.
E penso che ce la potrei anche fare. Che forse togliere l'albero e guardare più in là del mio giardino potrebbe in fondo anche essere interessante.


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