Vita e casa.

Ho lasciato passare troppi giorni dal mio ultimo post. Ma questo è uno di quei periodi in cui per non perdere posizione devi correre. Muoverti per poter rimanere fermo.
Che poi fermo non sei, ma l'apparenza è quella.
Poi a un certo punto ti giri e la strada che hai fatto si vede. La senti nei piedi e nella testa.

Ho consegnato il lavoro grosso a cui stavo lavorando. Grande soddisfazione e grande trepidazione la sera prima. Un po' di ansia il giorno della presentazione, salendo in macchina per le colline carsiche che da mesi descrivo-scandaglio-analizzo. La mia collega, muta.
L'ansia si trasforma in nervosismo quando tutti ritardano, senza avvisare. Il posto è bello, ma io mi sento sempre più male.
Durante la presentazione il mio entusiasmo non trova specchio. Gente attenta alle dimensioni di una targa all'ingresso, alle dimensioni di una scritta.
La fatica di questi mesi, ma anche la gioia e l'entusiasmo cadono in un pozzo fondo.
Una parola storta del cliente si aggancia come un amo al nodo alla bocca dello stomaco e lo tira su, fino agli occhi, dove le gocce tremano in cerca di un'uscita. Riesco a trattenerle fino alla macchina, dove però si sfogano con furore. Potevo tornare a casa in barca.
La mia amicollega sempre più muta. Sfogata l'urgenza la interrogo. Mi risponde "ho visto gente morta", come nel film. Una risata stempera l'angoscia di aver sprecato tempo risorse denaro emozioni. Un impegno eccessivo - devi imparare a calibrare le risorse - me lo dico sempre, a volte odio aver ragione.


Metto distanza fra me e le colline, fra me e quel cliente, fra me e l'agenzia. Sono cose che ho visto solo io e l'amicollega. Gli altri sono tutti contenti e soddisfatti. Moderatamente, come si conviene loro, che nessuno si spettina più di entusiasmo. Un lavoro ben fatto. Chissà se loro lo sanno di essere morti. Immaginavo che apparisse uno specchio, sulla parete di fondo, come in quella scena di "Per favore non mordermi sul collo" e che svelasse a tutti la vera natura mia e di Giada.



[dal minuto 3 circa]

Quindi recupero il tempo sottratto alla mia famiglia. Mi godo il marito, negli ultimi scampoli di libertà prima di tornare al lavoro. Che siamo poveri ma siamo belli. E siamo vivi noi. Quindi si va a passeggiare in centro la mattina, con quell'aria tersa e frizzante che sa di sboccia e avventura.
Si va a mangiare al giapponese, menu a prezzo fisso e portata libera, che ti fa sentire un crapulone. 12 euro e 2 ore e mezzo a tavola, a far lo spadaccino con le bacchette. Che se sei vivo le bacchette del giapponese posson diventare spade laser.

Si va all'Ikea, due volte in una settimana e si rivoluziona tutta la camera delle bambine, che voglio abbiano spazio per muoversi e per sognare. Via le sbarre dal letto di Dalia, ha quasi 18 mesi, la maggiore età della prima infanzia, no? Ora bellamia se ti svegli di notte di alzi tu, non io.



Abbiamo fatto l'angolo lettura con la libreria frontale e il tavolino rosso e le seggioline basse. Un angolo così accogliente che lì ho girato un video di presentazione per candidarmi a un sogno.
Ho pensato che tutti fanno i video con i libri finti dietro. O con quelli che pensano che potrebbero fargli fare bella figura, quelli che non dovrebbero mai mancare nella libreria del perfetto _____.
Questi sono i libri che più mi rappresentano. Quelli che hanno la vita dentro. Quelli che leggo più spesso, e quando li leggo vedo la vita, l'entusiasmo, la gioia nella mia piccola e bassa audience.
Ma semplicemente lì mi sentivo a casa. Una buona base per spiccare il volo.

Casa e vita. Mi muovo per rimanere qui.





Etichette: , ,