Turisti per casa.




Siamo riusciti ad evadere un'altra volta, per un'altra mostra. Sto parlando del 1° maggio, così, per capirsi, che al mio solito ritardo perenne di 10 minuti, si sono aggiunti giusto giusto 9 giorni, 23 ore e 50 minuti. Più o meno ho questo ritardo per tutte le cose che sto facendo. Hai voglia di correre.

Comunque direi che un'evasione d'arte al mese è una media buonissima.
Questa volta siamo andati poco lontano, infatti siamo andati al museo... in bicicletta.

Ora potrei raccontare la rava e la fava di una mostra bellissima e difficile, ma non lo farò.
Dico solo che la mostra si chiama Borderline ed è al Mar di Ravenna. A questo punto mi autocito, che sono pigra e pure sempre in ritardo, e oggi ho già scritto della mostra su Traschic:
Il termine significa letteralmente "linea di confine" e nella classificazione psicoanalitica indica un disturbo della personalità, un'anomalia della percezione di sè e degli altri.  La mostra stessa si pone su questa linea di confine, perché non è semplicemente una collezione di arte di gente classificata come matta, ma è uno studio scientifico del limen che separa l'arte dei folli dall'arte ufficiale. Si mescolano grandi artisti molto conosciuti, grandi artisti troppo sconosciuti e artisti per nulla conosciuti, introdotti all'arte figurativa dagli atelier a scopo terapeutico istituiti all'interno dei manicomi.
Se volete continuare a leggere ci sono anche un po' di consigli, non sia mai che vi viene voglia di vedere questa città bellissima.
Nella mostra ci sono artisti famosi che sono una gioia per gli occhi, come questo bellissimo Bosch



Bisognerebbe passarci ore a guardare tutti le creaturine fantastiche. A me piace questa, come si suol dire una faccia di chiappe.





Ci sono artisti famosi che mi rimandano all'infanzia, quando vidi il bellissimo sceneggiato dedicato a questo signore qui. Quando ancora il Ligabue non era Luciano, ma Antonio.





Questa bella ragazza in foto è una mia cara amica, una giornalista brava e appassionata che presta la sua immensa cultura artistica anche ai visitatori della mostra. Per la prima volta l'ho vista sul lavoro, e sono rimasta piacevolmente sorpresa (o forse no, non sorpresa intendo) di trovarla coinvolgente, simpatica, spontanea come davanti a un bicchiere di vino. La dimostrazione che quando uno ci è, ci è, sul lavoro come fuori.

Poi c'è lui, un artista che trovo straordinario, si chiama Mattia Moreni. Non è conosciutissimo se non dalla critica e dagli appassionati, ma se capitate dalle parti di Santa Sofia (Fc), zona che comunque vale la pena per le colline meravigliose, andate a visitare il museo, che ospita molte delle sue opere.




Poi che volete, ci sono signori come Klee, Dalì, Goya, Dubuffet, Basquiat, Baj, Ernst, Bruegel...

Ma non sono queste le opere che mi hanno colpito. Perché il focus della mostra non è sulle opere d'arte belle, sui pittori bravi. Piuttosto è sul confine (borderline) fra arte ufficiale e arte necessaria, quindi la parte più interessante è a mio parere proprio quella degli artisti "off". Opere, e storie personali, che ti rimangono negli occhi, nella mente, nel cuore, nello stomaco.

Vorrei tornare a vedere la mostra per leggermi le storie di tutti questi signori. Ricordo di uno che ha cominciato a dipingere a 80 anni. Un altro faceva splendidi bassorilievi e sculture interamente intagliando il sughero. Un altro ancora, traumatizzato dalla guerra, vergava infinite figurine piene di buchi. Ma più di tutti mi hanno colpito la storia e le opere di due artiste donne.

Madge Gill.
Inglese, vissuta a cavallo fra '800 e '900, è figlia illegittima, pertanto vive reclusa in casa fino all'età di 9 anni per poi essere rinchiusa in un orfanotrofio, viene poi mandata a lavorare in una fattoria in Canada, cosa che equivaleva a un incrocio fra il confino e i lavori forzati. A 19 anni rientra in Inghilterra e va a vivere con una zia che la introduce a occultismo e spiritismo, si sposa con un cugino ed ha tre figli, ne muore uno, più una quarta nata morta, il cui parto la lascia prostrata e ammalata. A questo punto comincia a dedicarsi all'arte, da autodidatta, producendo opere per lo più a penna, in bianco e nero, alcune veramente enormi, che vennero interpretate come frutto di pittura medianica, soprattutto perché riportano ossessivamente una figura di donna, che alcuni interpretano come la figlia perduta. Lei stessa diceva di essere guidata da uno spirito guida che chiamava "Myrninerest" (my inner rest).


Questa non è l'immagine dell'opera in mostra, che non ho trovato, ma rende bene il genere. In rete si trovano altre immagini delle sue opere.

Aloise Corbaz.
Un'intera sala dedicata a lei e alle sue opere, molte in teche trasparenti appese al soffitto, poiché ha usato il foglio in recto e in verso, spesso cucendo più fogli insieme con il filo.
Disegni coloratissimi, pieni di donne eleganti e uomini in divisa, tutti con occhi enormi velati di blu.
Svizzera, anche lei vissuta tra Otto e Novecento, pare che fosse innamorata follemente del Kaiser, che aveva visto una volta mentre cantava in chiesa. Gli scrisse per tutta la vita lettere appassionate, che non spedì mai; quanto mi piacerebbe leggerle.
Ebbe un'infanzia turbata dalla morte prematura della madre, che la lasciò con un padre alcolizzato e cinque fratelli. Fu fatta internare in manicomio dalla famiglia, all'età di 34 anni. Lì scoprì la pittura, che spesso praticava nascondendosi di notte in bagno, e nel suo mondo fantastico. Il suo talento fu riconosciuto anche da Dubuffet, ma essendo donna e perdipiù internata, non ebbe il successo che avrebbe meritato. Vale la pena leggere qualcosa di più sulla sua storia e la sua arte.


Due bei video.
Una introduzione alla mostra fatta dai suoi curatori (9 minuti e 33).
Un video di Art News in cui vengono raccontate, oltre a quella di Madge Gill, le storie di Carlo Zinelli (quello degli omini coi buchi) e di Adolf Wolfli (3 minuti e 51).

Prossima fuga prevista (speriamo!!!): Modigliani a Milano.




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